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La Fisioterapia Sportiva

IN QUESTO ARTICOLO PARLIAMO DI FISIOTERAPIA SPORTIVA

Una branca molto importante del mondo della riabilitazione è la Fisioterapia sportiva .

Si tratta della pratica di curare e riabilitare il paziente che fa sport e che va incontro a 2 problemi : i traumi, il sovra-uso e i sovraccarichi legati alla attività specifica.

Parleremo della storia di questa pratica e di come si sia evoluta nell’ultimo secolo.

Poi tratteremo le due situazioni nelle quali si lavora: in campo e in ambulatorio; vedremo le differenze e le caratteristiche specifiche dei due interventi.

Per concludere vedremo che tipi di problemi si trattano e le indicazioni specifiche.

Qui al Centro di Riabilitazione La Fenice ci occupiamo di questa pratica attraverso i nostri fisioterapisti che si occupano della cura e con il nostro Osteopata che verifica che la postura sia al top!

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UN PO’ DI STORIA SULLA FISIOTERAPIA SPORTIVA

La riabilitazione sportiva nasce agli inizi del XX secolo.

In questo periodo praticare dello sport comincia a diventare parte integrante dello stile di vita di molte persone.

In più si registra un aumento degli atleti agonisti e professionisti con conseguente aumento delle competizioni.

Questa branca della fisioterapia si è evoluta negli anni tanto che oggi il fisioterapista è diventato una figura di riferimento per atleti professionisti e non professionisti.

Essa è entrata a far parte, nelle categorie più importanti, dell’organico delle figure sanitarie che seguono squadre sportive.

Oggi la riabilitazione sportiva si esercita in differenti contesti quali: il campo, la clinica o l’ambulatorio e l’ospedale.

Lo scopo è quello di trattare l’atleta consentendogli il ritorno agli allenamenti e alle competizioni dopo un infortunio.

LA DIFFERENZA TRA LA FISIOTERAPIA DA CAMPO E AMBULATORIALE

La fisioterapia in campo si occupa di gestire gli infortuni nella primissima fase acuta cioè subito dopo che si verificano.

Per questo motivo il fisioterapista spesso è presente anche agli allenamenti oltre che alle competizioni.

Solitamente gli “attrezzi” del mestiere consistono in fasciature allo zinco e ghiaccio secco per evitare il gonfiore, tape anelastici e kinesio taping, attrezzature varie per terapie manuali.

In questo contesto il fisioterapista dev’essere in grado di saper individuare la gravità dell’infortunio e interfacciarsi con il medico che deciderà l’iter diagnostico per poi delineare l’iter riabilitativo.

La riabilitazione sportiva ambulatoriale non si distacca molto dalla classica fisioterapia per pazienti non agonisti

Essa differisce sostanzialmente per un fattore molto importante e cioè che bisogna tener conto delle esigenze prestazionali dell’atleta e delle esigenze della squadra.

Per questi motivi in casi di atleti professionisti la riabilitazione diventa più intensa e frequente anche perché solitamente un agonista è più reattivo alla terapia rispetto ad uno sportivo amatoriale.

La rieducazione funzionale in questi casi serve per recuperare completamente da un trauma.

Essa quindi è supportata sempre da terapia manuale e fisica.

Dopo un infortunio in fase finale di recupero, la fisioterapia si può fare in campo per riabituare l’atleta al contesto di gara.

 

DI CHE PROBLEMATICHE SI OCCUPA LA FISIOTERAPIA SPORTIVA

Il target della riabilitazione sportiva sono principalmente le problematiche muscolo-scheletriche che si verificano per tre grandi motivi: il Sovraccarico, il Sovrauso e il Trauma.

Ecco il significato di questi motivi:

  • Sovraccarico: sottoporre il corpo o una parte di esso ad un carico eccessivo in relazione alla sua capacità di carico attraverso l’attività sportiva.
  • Sovrauso: utilizzare troppo spesso una struttura, come succede in alcuni sport alla ripetizione protratta nel tempo di un gesto che normalmente è tollerato se fatto poche volte
  • Trauma:

A seconda poi del tipo di sport possiamo trovare differenti aree corporee a rischio infortunio, per citarne alcune:

  • negli sport di corsa come calcio e atletica leggera troviamo prevalentemente distorsioni alle ginocchia e caviglie.
  • gli sport che includono anche l’uso braccia soprattutto con movimenti sopra la testa come tennis, pallavolo e basket oltre agli arti inferiori anche mani gomiti e spalle sono esposti a rischio di distorsioni, tendiniti e per le spalle soprattutto le sindromi da conflitto sub-acromiale.
  • invece negli sport di contatto invece sono più frequenti i traumi rispetto al sovra uso che potenzialmente possono colpire un po’ dappertutto.

La conoscenza della traumatologia ortopedica è una caratteristica imprescindibile per un buon fisioterapista sportivo.

QUANDO SERVE LA FISIOTERAPIA SPORTIVA

La fisioterapia sarebbe potenzialmente necessaria in tutti i contesti sportivi.

Dico sarebbe perché non può essere erogata nello sport a tutti i livelli per ovvi motivi economici.

La figura del fisioterapista nello sport è utile non solo per gestire l’atleta nel momento dell’infortunio, ma è ancora più importante quando si tratta di fare prevenzione.

La prevenzione consiste nel trattare ogni singolo atleta a livello posturale sia manualmente che attraverso un percorso di esercizi di rinforzo e stretching.

Questo serve per prepararlo ad eseguire il gesto atletico correttamente e per prevenire appunto traumi e sovraccarichi futuri.

Al giorno d’oggi questa pratica avviene ovviamente solo a livelli agonistici più o meno importanti a seconda dello sport che si prende in considerazione, nelle società dilettantistiche invece gli allievi vengono sottoposti ad allenamenti standard senza tener conto delle differenze morfologiche, posturali, di forza e delle capacità di coordinazione del movimento di ogni singolo individuo.

LO STRETCHING

Nella fisioterapia come nella preparazione atletica un ruolo importante è ricoperto dalla pratica dello stretching utilizzato per migliorare l’elasticità e l’ampiezza di movimento. Di stretching si parla sempre molto sia in positivo che in negativo. Ma vediamo di fare un po’ di chiarezza e dare alcuni spunti interessanti:

  • Lo stretching aumenta la mobilità e l’ampiezza di movimento articolare e aiuta a prevenire in parte gli infortuni se accompagnato da un buon controllo muscolare e da un’adeguata forza. Per fare un esempio se noi allunghiamo troppo i muscoli acquistiamo una buona ampiezza di movimento, ma se questa non è accompagnata da una buona dose di forza e controllo del movimento rischiamo di aumentare il rischio di infortuni invece che ridurlo poiché non sappiamo gestire tutta quella mobilità. Quindi la prima regola è non abusare.
  • Lo stretching, inteso come allungamento mantenuto di un gruppo di muscoli per un tempo di solito compreso tra 30’’ e 2’, che in gergo si chiama stretching passivo, è consigliabile farlo dopo una sessione di allenamento e non prima. Prima si consiglia di scaldare bene la muscolatura con esercizi di mobilizzazione attiva e dinamica.
  • Lo stretching aiuta a migliorare la postura soprattutto se si vanno a lavorare quelle zone che comunemente sono accorciate come polpacci, coscia posteriore, anche, pettorali.
  • Quando si fa stretching si deve allungare il muscolo fino a sentire la sensazione di distensione senza raggiungere il dolore. Si mantiene la posizione da 30’’ a 2’, a seconda della resistenza di ognuno, rallentando la respirazione che dev’essere cadenzata senza mai andare in apnea. Si può ripetere l’esercizio anche più di una volta. È preferibile eseguire gli esercizi in un ambiente riscaldato.

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